Il 19 gennaio 2021 Legambiente, in collaborazione con altre associazioni ambientaliste, giornalisti e presidenti di alcuni circoli territoriali di Legambiente, ha organizzato un incontro on line sull’utilizzo dell’olio di palma in Italia.

Sono intervenuti:

Andrea Poggio, responsabile mobilità sostenibile Legambiente

Francesco Loiacono, direttore La Nuova Ecologia

Dario Dongo, Egalité

Fabrizio Zago, EcoBioControl

Katiuscia Eroe, responsabile energia Legambiente

Rosy Battaglia, giornalista

Martina Borghi, Greenpeace

Stefano Valentino, giornalista

Anna Donati, Kyoto Club

Angelo Gentili, responsabile agricoltura Legambiente

Vincenzo Incontro, Legambiente

Simone Nuglio, Legambiente: L’olio di palma in Italia. I casi di Torino, PortoMarghera, Ravenna, Livorno, Frosinone,Monopoli e Gela presentati dai circoli Legambiente locali.

Conclusioni di Edoardo Zanchini, vicepresidente Legambiente

 

Un breve report dell’incontro a cura di Paola Santopadre

Come è noto, nel 2015 fu lanciata la prima iniziativa sulla piattaforma change.org per chiedere all’industria dolciaria di abbandonare l’utilizzo dell’olio di palma per motivi etici, ambientali e di salute. Per far posto alle coltivazioni di palme da olio in molti paesi dell’area tropicale erano stati, infatti, rasi al suolo milioni di ettari di foreste con conseguente distruzione della biodiversità. Inoltre veniva sostenuto chel’olio di palma potesse risultare dannoso per la salute per la presenza di grassi saturi. L’iniziativa, insieme a una parallela ampia campagna mediatica, contribuì nel 2016 all’eliminazione dell’olio di palma da parte di molte aziende dolciarie (come ad esempio la Barilla-Mulino Bianco). Tale decisione fu ampiamente certificata sulle etichette e le confezioni dei loro prodotti.

Ma qual’è realmente, ad oggi, la situazione in Italia?

In questo incontro i diversi interventi hanno evidenziato come, tutt’ora, l’olio di palma sia ampiamente utilizzato.

Talune aziende dolciarie come la Ferrero continuano a farne ampio uso (ad esempio per la Nutella)(Dario Dongo); inoltre l’olio di palma è presente in prodotti da banco come i cornetti e le brioches (sotto forma di margarina vegetale) ed è utilizzato in molti cibi precotti, così come da tante friggitorie.

Inoltre, opportunamente trattato, l’olio di palma è presente nell’industria cosmetica e dei detergenti (Fabrizio Zago): è il caso, ad esempio, dei prodotti ammorbidenti.

La maggior parte (70%) dell’olio di palma viene però utilizzato come biocarburante (Andrea Poggio e Katiuscia Eroe).

Bioraffinerie sono presenti a Gela e a Porto Marghera (gestite dall’ENI) e il loro approvvigionamento avviene in Indonesia (Stefano Valentino), compromettendo le foreste equatoriali dove le prime vittime sono, tra gli altri, gli oranghi del Borneo poiché viene distrutto il loro habitat naturale. Inoltre, le industrie del settore possono accedere ai sussidi di stato perché la legge italiana riconosce questi olii come fonti rinnovabili.

In particolare la bioraffineria di Porto Marghera fornisce biodiesel per i 161 vaporetti di Venezia. L’ENI afferma di utilizzare solo olii esausti ma, come hanno confermato diverse inchieste giornalistiche (Stefano Valentino) e il circolo Legambiente locale, ciò non è vero.

È stato pure sottolineato come le coltivazioni intensive deprimano con la loro invasività le potenzialità di produzione differenziata da parte delle popolazioni locali attraverso il libero accesso alle proprie risorse (Anna Donati), così che i danni all’ambiente vengono a cumularsi con la lesione di taluni diritti umani fondamentali.

Una situazione così complessa (Zanchini) richiede di unire le forze di tutte le associazioni, di fare una azione di denuncia di quello che accade sui territori e promuovere una azione di “buycott”, crasi tra to buy (comprare) e to boicott (boicottare), per consumare in maniera sempre più consapevole e limitare l’uso dell’olio di palma.

Su questa linea Legambiente sostienela petizione change.org attualmente in corso “Salviamo gli oranghi del Borneo”.

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